Di Fabio Marzocca
Chi era Wolfgang Pauli?
Wolgang Pauli (1900-1958) è stato uno dei maggiori fisici teorici del secolo scorso, dotato di una profonda intuizione e di una straordinaria e penetrante capacità di pensiero.
In età molto giovane già dimostrò le sue brillanti caratteristiche quando a poco più di vent’anni consegnò un manoscritto sulla teoria della relatività che fu pubblicato dall’Enzyklopadie der mathematischen Wissenschaften, generando in Albert Einstein il seguente commento:
Chiunque studiasse questo lavoro, non potrebbe credere che lo stesso
sia stato scritto da un uomo di soli ventuno anni.
Non so cosa ammirare di più: la comprensione psicologica dell’evoluzione delle idee,
l’accuratezza delle deduzioni matematiche, la profonda intuizione,
la capacità di presentazione del lavoro con sistematica lucidità,
la completezza fattuale o l’infallibilità critica1
sia stato scritto da un uomo di soli ventuno anni.
Non so cosa ammirare di più: la comprensione psicologica dell’evoluzione delle idee,
l’accuratezza delle deduzioni matematiche, la profonda intuizione,
la capacità di presentazione del lavoro con sistematica lucidità,
la completezza fattuale o l’infallibilità critica1
Einstein dimostrò sempre una profonda stima per Pauli, nonostante le successive divergenze filosofiche, tanto che in occasione della consegna del premio Nobel a Wolfgang Pauli nel 1945, l’anziano Einstein lo definì suo figlio spirituale.
Insieme a Bohr, Heisenberg e Dirac, Pauli fu uno delle principali menti della meccanica quantistica e divenne rapidamente noto per l’originalità dei suoi fondamentali contributi alla teoria quantistica dei campi, assumendo subito il ruolo di coscienza vivente della fisica teorica. Il suo noto Principio di esclusione è stato alla base delle teorie che portarono successivamente alla sperimentazione del fenomeno dell’entanglement quantistico.
Ma l’unilateralità razionale del giovane Pauli ricevette un duro colpo durante i suoi primi anni, una crisi che più tardi Pauli stesso avrebbe descritto come “una grande nevrosi”. Insieme ad alcuni drammatici colpi del destino (1927 – il suicidio della madre, 1930 – il divorzio dalla prima moglie) fu essenzialmente la sua modalità razionale a portarlo verso dei seri conflitti interiori, che la sua mente non riusciva a spiegare.
Seguendo i consigli del padre, si rivolse a Carl Gustav Jung per un aiuto. Lo psicanalista svizzero riconobbe fin dalla prima intervista l’eccellente formazione scientifica e la capacità intellettuale di Pauli. Racconta Jung:
Notai subito che era pieno di materiale arcaico, e dissi a me stesso:
“Ora sto per effettuare un interessante esperimento per rendere
quel materiale assolutamente puro, senza alcuna influenza da me stesso” .
Così inviai Pauli alla dottoressa Erna Rosenbaum che aveva appena iniziato la sua carriera
e quindi non aveva ancora conoscenza profonde al riguardo di materiale archetipico2
“Ora sto per effettuare un interessante esperimento per rendere
quel materiale assolutamente puro, senza alcuna influenza da me stesso” .
Così inviai Pauli alla dottoressa Erna Rosenbaum che aveva appena iniziato la sua carriera
e quindi non aveva ancora conoscenza profonde al riguardo di materiale archetipico2
Durante un periodo di 3 anni, oltre 1500 sogni di Pauli furono registrati e catalogati, riflettendo una straordinaria serie di immagini, di cui almeno 400 furono da lui stesso impiegate per il suo materiale durante le letture di Eranos nel 19353.
Pauli concluse la sua analisi nel 1934 e si sposò nuovamente nello stesso anno. Nonostante ciò, Jung trovò i suoi sogni così interessanti che chiese allo scienziato di continuare a registrare e analizzare il suo materiale onirico e di rimanere ancora in contatto con lui. Quando iniziò la seconda guerra mondiale, Pauli non era ancora cittadino svizzero tuttavia ottenne un permesso per accedere all’Istituto per gli Studi Avanzati di Princeton. Per cinque anni fu in contatto con Einstein, Kurt Godel e Bertrand Russel, e nel 1945 ottenne il Premio Nobel per la fisica, grazie all’elaborazione della teoria del principio di esclusione. L’anno successivo tornò a Zurigo, dove rimase fino alla morte, nel 1958.
Il materiale pubblicato
Pauli pubblicò solo pochi articoli relativi a problemi di natura filosofica e questo stato delle cose generò una fuorviante impressione sugli estesi interessi filosofici, psicologici e storici dello scienziato. Egli era interessato a tutti i fenomeni che sfuggono alla ragione nonché all’esplorazione profonda del significato dell’impresa scientifica in generale. Pauli si avvicinò e condivise molto seriamente il pensiero di Jung. Superò immediatamente l’atteggiamento prevalente dell’epoca che portava brevemente a definire “senza alcun senso” quelle teorie ma cercò con decisione di comprenderle. Nonostante la sua posizione critica, Pauli non fu mai certamente una di quelle “menti dal ragionamento meschino che non riescono a sopportare alcun paradosso4”
Pauli fu uno scrittore compulsivo, apparentemente incapace di pensare senza una penna tra le mani. Non cercò mai di pubblicare le sue idee al più presto possibile, ma preferiva comunicare i suoi pensieri attraverso lunghe lettere agli amici e colleghi scienziati. Lo stile spesso colloquiale e speculativo delle sue lettere si pone in stridente contrasto con le sue caute e rifinite pubblicazioni. Un parte considerevole degli scritti inediti di Pauli è stata resa nota soltanto negli ultimi anni e consiste essenzialmente nella sua rigogliosa corrispondenza personale – diverse migliaia di lettere – e pochi manoscritti.
Aspetti generali del dialogo Jung-Pauli
Gli studiosi di Jung hanno maggiore familiarità con l’inconscio di Wolfgang Pauli piuttosto che con la sua vita scientifica. Nella pubblicazione di Jung “Psicologia e Alchimia”, gli psicologi hanno potuto conoscere i sogni del premio Nobel, descritto dallo psicoanalista svizzero come “una persona dotata di elevata intelligenza5”. Nel contempo, gli scienziati che hanno proseguito la ricerca sulla natura e la composizione della materia universale avviata da Pauli, conoscono ben poco circa il lavoro di esplorazione del proprio inconscio condotto dal fisico quantistico, il suo fascino per l’interfaccia della materia con la psiche e la sua collaborazione con Jung nel sondare le connessioni che sembrano essere acausali.
La raccolta della corrispondenza epistolare tra Jung e Pauli offre dettagliate informazioni su un reciproco scambio di esperienze che è stato così prezioso sia per la psicologia analitica
che per la fisica quantistica, due domini di indagine che in un primo momento possono sembrare non avere alcun punto di contatto. E quanto effettivo scambio tra le reciproche discipline dei due scienziati abbia veramente avuto luogo, si può evidenziare da due separate posizioni attribuite dalle pubblicazioni a Jung e Pauli:
“Poiché il mondo fenomenico rappresenta un ammasso di processi di dimensione atomica, è di estrema importanza sapere – per esempio – se i fotoni ci consentono di raggiungere una conoscenza definita della realtà sottostante ai processi energetici meditativi… La luce e la materia si comportano da un lato come particelle e da un altro come onde. Questo ha reso necessario rinunciare a una descrizione causale della natura nel sistema spazio-temporale ordinario, sostituendola con invisibili campi di probabilità in spazi multidimensionali6”[C.G.Jung]
“Divisione e riduzione della simmetria, questo è il nucleo della bestia! La divisione è un antico attributo del Diavolo…Se soltanto i due rivali divini – Cristo e il Diavolo – sapessero che sono diventati così simmetrici!7”
[W. Pauli, in una lettera scritta a Werner Heinsenberg]
[W. Pauli, in una lettera scritta a Werner Heinsenberg]
La psicologia dell’inconscio e la moderna fisica quantistica hanno introdotto – indipendentemente l’una dall’altra – nuovi concetti con notevoli e particolarmente coincidenti modalità. Le relazioni corrispondenti tra le due discipline hanno formato il nucleo del dialogo Jung-Pauli. A differenza dei suoi colleghi scienziati, Pauli cercò di interpretare la rivoluzione scientifica – introdotta dalla teoria della relatività e dei quanti – non soltanto da una prospettiva filosofica, ma anche e soprattutto da una visione psicologica del fenomeno. Dall’altro lato – a differenza dei colleghi psicologi – Jung ha ricercato con determinazione una base oggettiva che la moderna fisica avrebbe potuto fornire al suo modello di psiche. Nel 1953, Pauli scrisse a Jung: “Così come la fisica si impegna per essere completa, la vostra psicologia analitica brama per una casa!8”.
Da un punto di vista generale, l’argomento chiave del dialogo Pauli-Jung è stato il problema delle relazioni tra fisica e psicologia. Dalla prospettiva delle moderne scienze naturali, si potrebbe essere portati a parlare di relazioni tra psiche e materia, nettamente separati dalla posizione Cartesiana, tuttavia – nonostante questo comune denominatore – gli approcci di Pauli e Jung sono stati diversi sia in motivazioni che in metodo. Gli articoli che hanno pubblicato insieme nel volume “L’interpretazione della Natura e della Psiche” (Naturerklarung und Psyche – Jung e Pauli 1952) illustrano sia il loro accordo che le loro differenze, paradigmaticamente. Il contributo di Jung all’opera congiunta ha per titolo “Sincronicità : un principio di corrispondenza acausale”. Per anni Jung aveva esitato a pubblicare le sue idee sulla sincronicità e fu proprio Pauli a incoraggiarlo a scrivere questo trattato9 e la versione finale fu il risultato di molte revisioni ispirate dai numerosi commenti del fisico austriaco.
L’interesse di Pauli nella sincronicità non fu puramente teorico: egli fu infatti letteralmente perseguitato da questo fenomeno per tutta la sua vita. Pauli visse infatti in uno stato di permanente tensione nei confronti del mondo tecnico e aveva un rapporto piuttosto goffo e imbarazzante con la strumentazione di laboratorio10. Si narra che la sua sola presenza nei pressi di un laboratorio fosse sufficiente a provocare la rottura degli equipaggiamenti di sperimentazione con le più misteriose e inesplicabili modalità. Il senso dell’umorismo di cui era dotato lo scienziato lo portò a definire queste situazioni come una conseguenza del cosiddetto effetto-Pauli, e l’autenticità di questi fenomeni è descritta in numerosi articoli pubblicati in tempi diversi dai suoi colleghi scienziati. Uno di loro, Otto Stern, vietò formalmente a Pauli di entrare nel suo laboratorio durante l’effettuazione di prove sperimentali. Pauli non considerò con leggerezza il fenomeno descritto e lo catalogò come una possibile manifestazione di sincronicità di un profondo conflitto tra le sue parti razionale e irrazionale.
Il contributo di Pauli al volume pubblicato insieme a Jung è rappresentato dallo studio “L’influenza degli archetipi sulle teorie scientifiche di Keplero”. Lo scopo di questo trattato fu di esplorare il ruolo dell’inconscio nello sviluppo della scienza, dimostrando come le immagini interiori iniziano e guidano il processo di formazione di una teoria scientifica. Pauli determinò che l’immagine archetipale più rilevante che accompagnò Keplero durante tutta la sua ricerca fu il simbolo religioso della Trinità, che operò come una motivazione centrale e talvolta anche come una spiegazione a un certo numero di idee. Ad esempio, Pauli ascrisse la visione eliocentrica del sistema planetario e la tridimensionalità dello spazio determinate dall’astronomo tedesco a una visione trinitaria del mondo.
Cenni sulla sincronicità
La definizione di sincronicità, così come elaborata da Jung in accordo con i commenti e le posizioni di Pauli, è la seguente:
“Due o più eventi apparentemente accidentali, tuttavia non necessariamente simultanei, sono detti sincronici se sono soddisfatte le seguenti condizioni:
- qualunque presunzione di un nesso causale tra gli eventi è assurda o inconcepibile;
- gli eventi sono in corrispondenza tra di loro attraverso un significato comune, spesso espresso simbolicamente;
- ogni coppia di eventi sincronici contiene una componente prodotta internamente e percepita esternamente.”
In particolare, proprio l’ultimo di questi criteri mette in luce il fatto che il fenomeno di sincronicità è un fenomeno psico-fisico e che pertanto non è trattabile da nessuna scienza che si occupi di sola psiche o di sola materia. Il primo criterio indica un principio centrale della scienza tradizionale che deve essere rivalutato se intendiamo studiare il fenomeno sincronico: il principio di causalità nel senso stretto di una relazione causa-effetto. Il secondo criterio suggerisce il concetto di significato come un punto di vista costruttivo in questa direzione. Dato che i fenomeni sincronici non sono necessariamente “sincronizzati” nel senso di simultaneità, il termine sincronicità potrebbe essere talvolta fuorviante. Per questa ragione Pauli preferì parlare di “corrispondenze significative” (Sinnkorrespondenzen) sotto l’influenza di un archetipico ordine acausale.
Ecco cosa scriveva Pauli a Jung nel 1949:
“La parola sinchron mi sembrava … illogica in un certo senso, a meno che non vogliate vedere un rapporto col termine chronos che sia sostanzialmente diverso dal concetto di tempo ordinario… Non è evidente, a priori, capire come mai avvenimenti che ‘esprimono la presenza di una stessa immagine e/o uno stesso significato’ dovrebbero essere simultanei: il concetto di tempo mi è più difficoltoso che il concetto di senso.”
Pauli considerò la sincronicità junghiana e l’antica idea di finalismo teleologico (nel senso generale di un processo naturale orientato verso un fine superiore) come particolari istanze di tale ordine acausale che non può essere configurato intenzionalmente. In accordo a ciò, il concetto di caso (riferito a eventi apparentemente casuali) potrebbe anche essere interpretato in termini di corrispondenze significative.
Il principio di sincronicità presume che l’energia indistruttibile abbia una relazione dualecon il continuum spazio-tempo: da un lato, vi è la connessione costante attraverso l’effetto (causalità ) e dall’altro vi è una connessione incostante attraverso la contingenza, l’equivalenza o il senso, la sincronicità.
Eventi sincronici sono incostanti, sporadici e arbitrari perché sono dipendenti da una situazione archetipica attivata nell’osservatore.
È evidente che la sincronicità, così come intesa da Jung, non poteva definirsi scientificanel senso comune dei fisici del tempo in quanto essa ha senso solo nell’istante in cui un individuo ne vive l’esperienza e quindi non è riproducibile come tale, è uno di quei fenomeni che aleggiano oltre i limiti imposti dalla scienza. Nel volume pubblicato insieme a Pauli, Jung presenta un’analogia di sincronicità attraverso l’antica esperienza dell’I-Ching cinese. Ebbene, come ha potuto un fenomeno così poco scientifico interessare e stimolare la mente di uno scienziato come Pauli? Questa è la sincronicità : quando è presente, è presente, si può discuterne a lungo e speculare sulla sua struttura, tuttavia le modalità di approccio e di studio sono esattamente le stesse della moderna fisica quantistica. E questo Pauli lo aveva intuito fin da subito: un ponte tra la materia e la psiche.
Il fenomeno della sincronicità abbatteva un principio fisico fondamentale fino a quel momento: il principio della località . Tale principio afferma che i processi fisici non possono avere effetto immediato su elementi fisici di realtà in un altro luogo separato da quello in cui avvengono. In pratica, non possono avvenire “istantaneamente” in luoghi remotamente separati. E la sincronicità rappresenta invece un fenomeno reale, non-locale. Secondo Jung e Pauli, il fenomeno della sincronicità riavvicinava fisica e psicologia evidenziando una connessione profonda fra i vari eventi del mondo, non legata a un’azione diretta causale-meccanica.
Materia e psiche: due aspetti di una stessa realtà
Pauli e Jung furono d’accordo sul fatto che materia e psiche dovessero essere intese come aspetti complementari della stessa realtà, governata da comuni principi di ordinamento: gli archetipi11. Ciò implica che gli archetipi siano elementi di un dominio al di là della materia e della psiche: la loro influenza giunge contemporaneamente in entrambi i domini.
Nel 1948 Pauli distribuì privatamente ai suoi amici e colleghi un singolare trattato dal titolo:“Moderni esempi di fisica di base”, nel quale criticava il fatto che la fisica, per definizione, escludesse ogni cosa avesse a che fare con giudizi, sentimenti ed emozioni. Alludendo all’affermazione di Einstein circa una presunta incompletezza della meccanica quantistica, Pauli concludeva: “Tuttavia, ciò non indica l’incompletezza della teoria quantistica in fisica, quanto piuttosto l’incompletezza della fisica nella totalità della vita12”.
Pauli insistette a lungo sul fatto che in futuro gli scienziati non avrebbero più potuto ignorare la relazione tra la conoscenza del mondo materiale esteriore e il mondo interiore della psiche. Occorreva riconoscere che l’approccio scientifico razionale rappresentava solo una via per vedere e interpretare il mondo; un altro approccio – complementare al precedente – implicava che le successive ricerche sulla realtà non potessero più essere condotte separando materia e psiche, ma che entrambe le parti dovessero entrare in un percorso di ricerca comune. In una prospettiva che include la dignità dell’essere umano e il rispetto per la natura, gli aspetti etici e religiosi non potevano più essere lasciati da parte come dettagli di secondo piano.
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NOTE:
ARTICOLO RIPRESO ANCHE SU https://informazioneconsapevole.blogspot.it/2015/07/la-sincronicita-tra-il-fisico-wolfgang.html
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