Di Salvatore Santoru
Ultimamente si parla molto della cosiddetta forza del pensiero, ovvero la capacità che hanno i nostri pensieri nell'influenzare la percezione della realtà o gli stati d'animo.
Molte teorie, siano esse di stampo spirituale che psicologico, si focalizzano sull'importanza del "pensiero positivo" e del controllare, per quanto possibile, il fluire solitamente caotico dei pensieri.
Per quanto possano essere considerate troppo semplicistiche, c'è da segnalare che esse hanno indubbiamente del vero, in quanto com'è noto il pensiero può essere sia una risorsa che un limite, e lo stimolarlo in modo positivo o negativo influisce indubbiamente nella realtà e nella percezione che si ha di essa.
Un'esempio di ciò può essere fatto pensando alle cosiddette "ruminazioni mentali", le quali solitamente sorgono in seguito a episodi di frustrazione, sensi di colpa o eventi negativi, e, se non controllate, si "cristallizzano" e diventano sintomi di depressione, perdendo il carattere difensivo che avevano originariamente.
Difatti, il continuo stimolare il pensiero in direzione negativa come in tale caso, porta alla "ritualizzazione" di un'atteggiamento negativo e alla sua incisione nel presente, mentre lo stimolare il pensiero in direzione positiva porta a un'attitudine positiva, anche se c'è da dire che ciò non ha valenza assoluta, visto che nella formazione degli stati d'animo entrano in gioco anche molti altri fattori.
Oltre a questo, bisogna ricordare che ovviamente il pensiero costituisce una risorsa eccezionale nel risolvere, superare e sublimare determinati ostacoli, nonché ai fini della creatività e del progresso individuale e collettivo, mentre un suo uso "sbagliato" può costituire eccessivi limiti e problemi, solitamente maggiori rispetto a quelli tangibili.
Come in molte altre attività umane, l'importante non è pensare troppo poco o molto, ma farlo nel modo più funzionale possibile e senza venirne ingabbiati.
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